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beh, non volevo creare scompiglio in questo progetto così ideato, comunque questo articolo ( comprato su ebay perchè mi interessava ) si collega ad un altro della stampa del 2017, ma sicuramente lo troverai in caso te lo giro quando sarà il tempo, buon lavoro e complimenti
Nessuno scompiglio Luciano, no problem! Intanto vado avanti
16 dicembre 1964
È questa la data della presentazione dell’auto da corsa “Formula 875 Monza” motorizzata con un propulsore Fiat 500 Giardiniera opportunamente “spinto”. Il numero stava ad indicare il prezzo espresso in migliaia di vecchie lire.
“La Stampa” 16 dicembre 1964
“…Un’interessante iniziativa per favorire la partecipazione dei giovani all’attività sportiva è stata lanciata dall’Autodromo di Monza e dall’Automobile Club di Milano. I due enti hanno istituito una nuova formula di vettura monoposto da competizione, denominata «875 Monza» organizzando una serie di dieci gare da disputarsi nel periodo aprile-agosto del prossimo anno. La caratteristica più importante della nuova auto da corsa, costruita sulla base dei gruppi meccanici della Fiat 500 giardiniera, è il prezzo, di sole 875 mila lire compresa l’IGE, per il veicolo completo ed in ordine di marcia. Inoltre la CSAI ha deciso di assegnare un contributo di 250 mila lire a coloro che compreranno la vetturetta con l’impegno di gareggiare almeno 5 volte. Vengono così a ridursi alcune preoccupazioni di carattere economico, che principalmente impediscono a molti giovani di diventare piloti e di percorrere tutti i gradi della carriera sportiva. Attualmente «fare» una stagione di corse significa spendere non meno di due-tre milioni di lire, cifra che non tutti possono permettersi e che quindi non consente il formarsi di una vasta base di nuove leve in grado di affiancare, o di superare, quelle già esistenti. La «875 Monza», almeno nel modello realizzato da un gruppo di tecnici modenesi, ha tutto l’aspetto di una Formula uno. Bassa, allungata, leggerissima (senza pilota e carburante pesa 250 chili), può l’aggiungere una velocità massima di 135-140 chilometri orari, velocità che consente di accertare la capacità dei guidatori senza tuttavia essere pericolosa. Naturalmente il motore ha subito alcune modifiche: aumento del rapporto di compressione, lucidatura dei condotti di ammissione e scarico e sostituzione del carburatore, maggior capacità della coppa dell’olio. Invece le sospensioni, i freni, l’avviamento elettrico e il cambio sono rimasti immutati. Il telaio è a traliccio in tubi di acciaio, con passo di 1950 nini e carreggiate anteriore e posteriore di 1121 e 1135 mm; le ruote sono quelle della 600 D. Tonino Ascari, il figlio dell’indimenticabile asso del volante, ha provato recentemente sulla pista dell’Autodromo la monoposto inanellando una lunga serie di giri. «Mi sembra – ha detto – facile da maneggiare; guidarla è un vero piacere. Penso che sarà veramente utile di non averla potuta avere quando ho cominciato a gareggiare. In questi giorni il prototipo viene messo a punto e revisionato presso un’officina di Modena, dove sono in allestimento una ventina di monoposto. Alcune verranno consegnate ai primi acquirenti già per il prossimo Natali. Se qualche giovane appassionato molto competente desiderasse costruire da sé la «Monza» potrà acquistare il telalo. Il motore e gli altri organi meccanici potrà comprarli a parte. Un ultimo particolare: nel periodo delle corse, cui saranno ammessi tutti i piloti di età inferiore agli anni 30 in possesso della licenza internazionale o sociale di terza categoria, verrà concesso il ricovero gratuito della vettura nelle rimesse dell’Autodromo…”.
Per completezza d’informazione, anticipo cronologicamente l’articolo che verrà pubblicato su “La Stampa” il successivo:
2 luglio 1965
“Stampa Sera” 2 luglio 1965
“…Dopo pochi mesi di impiego, le piccole vetture da corsa della classe detta «875 Monza». hanno dato una dimostrazione di positiva efficienza. Costruite utilizzando esclusivamente le parti meccaniche della Fiat 500, senza modifiche di sorta allo scopo di ridurre il costo iniziale e di uso, queste monoposto hanno il pregio della massima solidità, e sono in grado di offrire molte soddisfazioni e pochi grattacapi ai loro giovani piloti. Il motore Fiat 500 (per la precisione quello della versione Giardiniera, che è di tipo orizzontale), perfettamente a punto e senza silenziatore può erogare 22-23 CV, il che consente alle vetture con carrozzerie monoposto di raggiungere i 140 Km. orari, velocità relativamente poco pericolosa, ma tuttavia sufficiente a mettere in luce le doti di guida dei piloti. Lo si può vedere a Monza, dove la media ottenibile con le «875» (il numero indica il prezzo in migliaia di lire) è di pochissimo inferiore a quella delle Junior 500, anch’esse con motore di 500 ma con piena libertà in fatto di preparazione, tipo di sospensioni, ecc. E tuttavia il prezzo di una Junior 500 è almeno il doppio di una «875». Qualche limitazione deriva dalla posizione del motore, che è a sbalzo posteriore, come nella vettura originale, e dalle sospensioni, ma sono limitazioni necessarie se non si vuole ricadere nell’infelice esperimento delle Junior, e per conservare questa categoria come trampolino di lancio per tutti coloro che desiderano provare le emozioni delle monoposto, magari senza velleità di diventare campioni ma per puro svago. Che è comunque più simpatico e forse neanche più costoso dell’attività con i go-kart, nati anch’essi come semplice divertimento ma poi trasformati in piccoli bolidi costosi e delicati…”.
La data ufficiale del debutto in corsa delle monoposto Formula “875 Monza” soprannominate le “Petarelle” era avvenuto sulla pista brianzola il 10 maggio 1965, prima prova del primo “Trofeo Cadetti”: vincitore Maurizio Montagnani.
(Fonte Internet)
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trovo questo topic a dir poco fantastico
grazie Giovanni :like
Grazie Filippo. Come già sai è una lunga cavalcata che non solo ci riserva spesso qualche sorpresa e curiosità ma ci fa anche conoscere come veniva vista la nostra beniamina dai media dell’epoca, il tutto nel quadro storico e sociale dell’Italia che va dal 1957 al 1975.
23 febbraio 1965
Nell’anticipare la presentazione ufficiale del modello F che sarebbe avvenuta il mese successivo al Salone di Ginevra “La Stampa” ancora una volta non usò l’enfasi che aveva riservato alla nostra beniamina nel 1957 in occasione del suo battesimo. Tuttavia l’articolo che segue, ancorché abbastanza sintetico, ben descrive tutte le novità della nuova versione di 500 che saranno la chiave di volta per l’incremento nelle vendite e che incontreranno anche i favori della critica qualificata.
“La Stampa” 23 febbraio 1965
“…Uscita nel 1957 via via perfezionata la Fiat 500 viene adesso presentata in una versione ulteriormente migliorata nella meccanica e nella carrozzeria, Per quanto riguarda le parti meccaniche è stata anzitutto adottata una nuova frizione con molla a disco (come sulla 850) e comando con cuscinetto reggispinta. Per le sue particolarità costruttive questo tipo di frizione richiede uno sforzo sul pedale uniforme e ridotto ed inoltre anche dopo un logorio notevole, delle guarnizioni di attrito, non tende a slittare. Inoltre sono stati irrobustiti il differenziale, il gruppo degli ingranaggi conici di riduzione, i semiassi ed i relativi giunti elastici lato ruota gli attacchi alla scocca della sospensione posteriore e del motore, e altri particolari, assicurandone così una maggior durata. Rinnovate le strutture laterali e superiori della scocca, che acquista maggior compattezza, e migliorata l’efficienza dei freni. Un dispositivo di ricircolazione dei gas di sfiato (blow-by) che riduce l’inquinamento atmosferico, un nuovo filtro aria e un perfezionato isolamento acustico tra vano motore e abitacolo per migliorare la silenziosità all’interno della vettura, completano le migliorie meccaniche introdotte sull’ultima versione della 500. Esteticamente, l’aspetto della vettura risulta più netto e moderno grazie all’abolizione delle modanature in metallo cromato sul cofano, sulle porte e sulle fiancate, e all’adozione di nuovi gruppi ottici posteriori. Ma la più importante innovazione della carrozzeria riguarda le porte, che sono adesso incernierate anteriormente (cioè ad apertura «controvento») con cerniere interne; le maniglie esterne sono a pulsante; le serrature a vincolo tridimensionale impediscono l’apertura accidentale delle porte stesse. Tra le altre innovazioni: aumentate le dimensioni del parabrezza per migliorare la visibilità verticale e laterale; chiusura unica centrale del tetto ribaltabile (in precedenza le chiusure erano due laterali); proiettori a fascio asimmetrico. Il prezzo della 500 nuova versione è di lire 475 mila. Anche la 500 giardiniera viene adesso fornita con migliorie meccaniche e di carrozzeria (prezzo 575 mila lire)…”.
Non sarà sfuggito certamente a molti di voi che dal punto di vista lessicale per la prima volta nel descrivere le caratteristiche di una 500 il giornalista usa un termine anglosassone: “blow-by” nonché cita la problematica legata all’inquinamento atmosferico, fenomeno che fino ad allora era pressoché sconosciuto ai più.
(Fonte Internet)
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18 marzo 1965
In Austria il locale Automobile Club offriva gratuitamente ai soci che rimanevano in panne per strada, un servizio di assistenza che veniva svolto sull’intero territorio nazionale da personale qualificato che si muoveva a bordo di Fiat 500 di colore giallo, attrezzate a minuscole “officine rotabili”. Questa la sintesi dell’articolo ma per onestà intellettuale è doveroso precisare che in Italia il Soccorso Stradale ACI attraverso la chiamata di emergenza al 116 era in funzione già dal 1954. La curiosità del giornalista sta pertanto nel fatto che il servizio austriaco veniva svolto attraverso l’utilizzo di Fiat 500.
“La Stampa” 18 marzo 1965
“… «Qui ci vorrebbe un angelo giallo» pensa ogni automobilista austriaco in «panne» al centro del traffico metropolitano o lungo le autostrade. Vengono chiamati così gli specialisti dei servizi di assistenza che l’Automobile Club pone a disposizione dei suoi soci. «Gialli» perché questo è il colore del piccolo esercito di Fiat 500 che percorre ogni giorno dalle otto del mattino alle venti della sera tutte le strade centrali e periferiche del Paese, vere e proprio officine rotabili. «Angeli» perché giungono come una benedizione sulla strada deserta quando, dopo una guardata al motore, il guidatore non trova altra soluzione che rivolgere gli occhi al cielo. Anche lontani dai centri abitati, non bisogna aspettare più di un’ora prima che la simpatica vetturetta compaia. Infatti, la rete stradale è divisa in settori che vengono assegnati ad un numero fisso di «Angeli» con l’incarico di percorrerli – andata e ritorno – in sessanta minuti. Al centro di Vienna poi, bastano pochi minuti. Se non si ha il numero di telefono dell’«Annenpannendienst» basta rivolgersi ad un agente del traffico, che qui chiamano in ogni caso «Herr Inspektor», «Signor Ispettore», ve lo darà subito, o addirittura si occuperà personalmente di chiamarlo. I servizi di assistenza funzionano sempre. Gli incaricati sono tutti giovani che si muovono con prontezza e che hanno l’occhio allenato. In generale, dopo un veloce esame, rivolgono all’automobilista l’invito di rimettersi al volante e di accendere il motore. Il rassicurante ronzio – che conferma la bontà della riparazione di emergenza – non tarda a farsi sentire. Quanto costa l’operazione? Nulla. Soltanto nel caso che sia stato cambiato qualche pezzo importante e costoso, verrà inviata a casa una bolletta con il conto. Per le riparazioni considerate «normal» non si paga. Questo innegabile vantaggio è a disposizione anche degli automobilisti stranieri. Il dott. Seldel, che sovrintende al servizio nazionale, afferma che nell’ultimo anno sono stati assistiti 15.000 turisti. Gli «Angeli» lavorano 24 ore su 24, anche la domenica. A Vienna – il cui territorio municipale ha una estensione di 414 km quadrati e una popolazione di 1.650.000 abitanti – ce ne sono 28, e altri 155 lavorano nel resto del territorio della Repubblica Federale. Sono sufficienti. Può essere interessante per gli automobilisti italiani segnarsi il numero di telefono: 461-207. Dà spesso il segnale di occupato, ma poi vi risponde una gentile e comprensiva voce femminile, alla quale potete esporre brevemente le cause della vostra sosta fuori programma. Vi chiederà il numero della targa, il punto esatto dove vi trovate e quale tipo di riparazione vi serve (se lo sapete). L’Automobile Club è dotato – da qualche tempo – di una specie di «clinica» su quattro ruote che, a richiesta telefonica e sempre gratuitamente, viene inviata all’abitazione o al garage del socio in procinto di mettersi in viaggio. Viene compiuta una visita con l’ausilio di speciali apparecchi che auscultano – alla lettera – il pulsare interno del motore. E poi si può andare tranquilli. Per male che possa andare, ci saranno sempre sulle strade i nostri amici «angeli gialli»…”.
(Fonte Internet)
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20 luglio 1965
Il traforo del Monte Bianco fu inaugurato ufficialmente il 16 luglio 1965 e tre giorni dopo venne aperto alla libera circolazione. Leggendo il resoconto di quest’ultima giornata scopriamo che la prima autovettura cui spettò l’onore di traversarlo in direzione Francia fu una Fiat 1100 familiare targata Como mentre la seconda fu una Fiat 500. A bordo della nostra beniamina l’Ingegnere olandese Thorkild Bak insieme alla moglie e ben tre bambine. La famigliola era diretta a Linkoping una città della Svezia. Il resoconto non precisa se l’Ing. Bak lavorasse in Italia e si recasse in Svezia per trascorrere il periodo di ferie oppure se era a conclusione delle vacanze trascorse in Italia e stava rientrando a casa, fatto sta che la sua 500 prima di giungere alla meta finale avrebbe dovuto percorrere ancora almeno 2.000 chilometri; tanta è appunto la distanza che separa il confine d’Italia da Linkoping (probabilmente per un refuso l’articolo ci dice che l’Ingegnere Bak era olandese mentre Linkoping si trova in Svezia).
“La Stampa” 20 luglio 1965
“…Il traforo del Monte Bianco è stato aperto al pubblico stamane alle 6. Stasera alle 22 erano passate 3550 macchine, di cui 1912 provenienti dalla Francia e 1638 uscite dall’Italia. Come è noto, il traforo per qualche tempo è percorribile soltanto dalle 6 alle 22 e ne sono esclusi gli autocarri. La prevalenza delle auto in arrivo su quelle che escono dall’Italia si riscontra in tutti i valichi di frontiera nel periodo attuale, che è di intensa affluenza di turisti. Il traffico ha superato fin dal primo giorno ogni previsione: si calcola infatti che passino 600 mila macchine all’anno, ossia 1650 al giorno. C’è stata una gara per accaparrarsi il primo biglietto di transito e la direzione del traforo aveva respinto varie richieste di prenotazione: «Passerà prima – aveva risposto – chi arriverà prima». Ed ecco domenica sera alle ore 19,15 presentarsi al cancello del piazzale il primo turista, il signor Raffaele Gianola, di 56 anni, commerciante, di Premana, presso Lecco. «Da quattro mesi – diceva soddisfatto – mi proponevo di essere il primo turista ad entrare nel traforo, e ci sono riuscito». Sulla sua 1100 familiare, targata CO 134057, vi erano pure la moglie, signora Venturina, e due dei loro undici figli: Abramo di 17 anni e Angela di 19. Tutti e quattro, naturalmente, hanno trascorso la notte nell’auto mobile. Tre minuti dopo, alle 19,18, giungeva la seconda macchina, una Fiat 500 dell’ingegnere olandese Thorkild Bak, di Linkoping, che si preparava anche lui ad un bivacco un po’ disagiato nella piccola macchina con la moglie, Lise, e tre biondissime e vivacissime bambine: Marianne, Inger e Birgitte. Passa poco più di un’ora ed ecco, alle 20,30, un terzo concorrente: il signor Jean Schneider, direttore della Compagnia generale transatlantica francese, con un amico, su una Peugeot 403; e poco dopo Eugène Hayois, di Rixensan (Vallonia), con la moglie, Marie-Louise, su una Aronde Simca. Il silenzio della vallata è stato ancora rotto nella notte più volte da rombi di motore: erano altre macchine che allungavano la fila di quelle già in sosta davanti al cancello del piazzale. Quando alle 6 viene aperto il cancello sono incolonnate una trentina di autovetture. Gli operatori della televisione riprendono l’ingresso delle prime macchine nel traforo e il direttore generale, ing. Cuaz, con il rag. Cavallone si avvicina all’auto n. 1 e offre un mazzo di fiori alla signora Gianola. All’ing. Thorkild Bak, che guida la seconda macchina, porge in dono una grolla aostana. Poco dopo giunge l’ing. Enrico Carrara, amministratore delegato della Società italiana del traforo, che si trattiene sul piazzale osservando con l’ing. Cuaz lo svolgimento del traffico per rimediare a possibili lentezze e inconvenienti. Fra le «prime» traversate della galleria è ancora da ricordare quella del signor Carlo Bruschi, di Pontedera, impiegato in un’azienda di autotrasporti: con la sua Vespa egli fa staccare il primo biglietto per motorette. Poco dopo arrivano due motociclisti con targa Gibilterra. Intanto giunge la prima macchina dalla Francia: una Citroen 19 DS targata 638EL28, del signor Lelievre, che viaggia con la moglie e due amici. Il signor Lelievre, che proviene da Chartres, ha avuto in dono all’imbocco francese una medaglia, ma è soddisfatto soprattutto del biglietto n. 1. Egli è un collezionista e proprietario di un negozio di antiquariato: «Sono certo – dice – che fra poco il mio biglietto n. 1 avrà una notevole quotazione fra i collezionisti». Dopo l’ondata dei turisti che speravano di essere primi c’è un rallentamento, ma alle 8 il traffico riprende e aumenta rapidamente. Alle 9 sono già passate 450 macchine, a mezzogiorno, 1100, alle ore 16, 2200. I controlli di polizia e di dogana sono solleciti e smaltiscono facilmente il traffico. Si forma tuttavia un agglomeramento di macchine provenienti dalla Francia nella nostra zona di posteggio per il ritiro dei buoni benzina rilasciati ai turisti stranieri. Il servizio è disimpegnato dall’Automobile Club e dovrà essere sveltito con l’impiego di un numero maggiore di impiegati. Sarà pure necessario aprire un ufficio per il cambio delle monete estere. Nel pomeriggio è stata segnalata un’affluenza sempre crescente di turisti sul versante di Chamonix per un certo ritardo nell’avviare le macchine in galleria, sebbene sul versante francese non si facciano controlli di dogana e polizia e le formalità si riducano al rilascio dei biglietti d’ingresso. Abbiamo constatato noi stessi l’ingorgo: da Courmayeur a Chamonix abbiamo impiegato trentacinque minuti, comprese le operazioni di frontiera e qualche minuto di attesa; da Chamonix a Courmayeur un’ora e quaranta minuti, di cui più di un’ora di «coda» sui tornanti della strada francese di accesso al traforo. Il direttore ing. Cuaz è poi intervenuto per accelerare il rilascio dei biglietti sul versante di Chamonix. Questi lievi inconvenienti del primo giorno sono inevitabili: le tariffe variano per ogni tipo di macchina, prevedono agevolazioni per l’andata e ritorno, mutano per i giorni festivi, per l’estate, per l’inverno, il giorno e la notte, e richiedono una preparazione che il personale, per quanto già addestrato su modellini d’auto e sulle complicate tabelle di pedaggio, deve perfezionare con la pratica dei primi giorni. Le impressioni dei viaggiatori sono di grande entusiasmo per l’imponenza dell’opera, la perfetta ventilazione, l’illuminazione e le segnalazioni. La vigilanza è assicurata da continue perlustrazioni di agenti in motocicletta italiani e francesi. Il «Soccorso Aci» è già intervenuto per rimorchiare un’auto fermatasi per guasto meccanico. La velocità di transito deve essere compresa fra 50 e 70 chilometri ora: confessiamo che avendo toccato i 70 chilometri siamo stati subito richiamati all’ordine dal lampeggiamento del disco, su cui compare la cifra 70. Se si procede a meno di 50 chilometri lampeggia il disco del 50. Se le macchine non procedono distanziate di cento metri e si addensano si accendono i semafori rossi che diradano la colonna motorizzata…”.
Questo il servizio della storica giornata dell’inaugurazione del traforo (16 luglio 1965) realizzato dall’Istituto Luce, nel quale si vedono gli allora Presidenti delle Repubbliche d’Italia e di Francia – rispettivamente Giuseppe Saragat (Torino 1898 – Roma, 1988) e Charles de Gaulle (Lilla 1890 – Colombey les Deux Eglises 1970).
https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000078125/2/l-inaugurazione-del-traforo-del-monte-bianco-presienziata-de-gaulle-e-saragat.html?startPage=40&jsonVal={%22jsonVal%22:{%22query%22:[%22monte%20bianco%22],%22fieldDate%22:%22dataNormal%22,%22_perPage%22:20}}
(Fonte Internet. A sinistra il Presidente francese De Gaulle, sulla destra il Presidente italiano Saragat)
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21 aprile 1966 – 9 febbraio 1967
Tra il 1966 e il 1967 due prestigiose testate internazionali si interessarono in termini entusiastici alla Fiat 500. Il quotidiano britannico “The Guardian” ne lodò il motore e la spaziosità, ma ne criticò il cambio: definito “rumoroso” e il portabagagli che – usando i soliti luoghi comuni – descrisse come “adatto a contenere solo spaghetti e salame”.
“La Stampa” 21 aprile 1966
“…L’interesse del pubblico inglese per le vetture italiane è sensibilmente aumentato negli ultimi mesi. Lo dimostra la frequenza con cui la stampa britannica discute dei nostri principali modelli sportivi come delle nostre utilitarie. Il periodico dei consumatori Which assegnò l’estate scorsa l’Oscar delle piccole cilindrate alla «850». Al salone autunnale di Londra ebbero un enorme successo le Ferrari, tanto che l’attore Peter Sellers ne comprò una. Il Times definì il salone di Torino «La vetrina d’Europa». Un settimanale a colori dedicò alcune pagine ai carrozzieri italiani. Non ricordiamo di aver letto altrettanto spesso dell’automobilismo tedesco, o francese, che pure, se non altro per la vicinanza di questi paesi all’Inghilterra, è altrettanto importante per il pubblico britannico. L’ultimo quotidiano a parlare delle vetture italiane e. l’autorevole Guardian. In un curioso articolo, esso indica nella Fiat «500» la soluzione del problema del traffico. È un fatto notevole: la British Motor Corporation produce le «Mini» proprio per combattere la mancanza di parcheggi nelle grandi città e le difficoltà della circolazione. Il Guardian osserva che la 500 ha due enormi vantaggi: è la più «piccola automobile che sembri un’automobile» reperibile sul mercato, e costa meno di qualsiasi altra (settecentomila lire, tassa d’acquisto e dogana compresa: un prezzo ragionevole per l’Inghilterra). Il motore funziona «meravigliosamente bene», vi è spazio per una famigliola, le rifiniture sono perfette. Il Guardian, naturalmente, ha anche delle riserve da fare: dice che il cambio è rumoroso, «forse in omaggio alla virilità, degli italiani» e che il portabagagli, che ora contiene solo «cose come spaghetti e, salami», potrebbe essere modificato «per i più voluminosi acquisti medi degli inglesi». Conclude il giornale che tutti i motociclisti non più giovanissimi dovrebbero convertirsi alla «500», conserverebbero ancora un po’ delle sensazioni dello scooter, con la differenza che starebbero al riparo dalle intemperie. La settimana scorsa il famoso settimanale Economist si era espresso altrettanto favorevolmente nei confronti di un’altra vettura italiana, la nuova Fiat «124». Aveva scritto che essa risponde pienamente alle esigenze del mercato europeo, sebbene venga forse a sovrapporsi sul mercato interno italiano alla «1100» appena rimodernata. A parere dell’Economist la «124» è un buon modello familiare di concezione internazionale, e potrebbe essere proficuamente prodotto anche in Spagna e Jugoslavia, paesi con cui la Fiat ha uno speciale accordo. Aveva concluso che la «124» rappresenta un «buon investimento» e che, secondo la tradizione italiana , è di linee molto piacevoli…”.
(Fonte Internet)
Nel febbraio 1967 invece, il mensile automobilistico francese “L’action Automobile et Touristlque» assegnò alla Fiat 500 la Palma quale vettura ideale nel traffico cittadino e contrariamente a quanto aveva scritto l’anno prima “The Guardian” giudicò il cambio: “molto distensivo”.
“La Stampa” 9 febbraio 1967
“…Il settimanale francese «L’action Automobile et Touristlque» ha svolto nel suo ultimo numero un’interessante Inchiesta sulle minivetture da città. Sono state esaminate la Daf «Daffodil», le Fiat «500» e «850», la Mini 850 della B.M.C., e la Simca «1000». La palma dell’auto più adatta al traffico urbano è andata, ancora una volta, alla «500», considerata la «vettura ideale» per la città. Della «500» è particolarmente apprezzata la versione con cambio semi-automatico, definito «molto distensivo»…”.
(Fonte Internet)
Concludo questa puntata con un’immagine che riassume uno dei classici luoghi comuni usati dagli stranieri ogni volta che nominano l’Italia e che è uno dei pezzi forte dello humor inglese. Come noto noi italiani sappiamo però riderci su e pertanto mi perdonerete se questa volta al posto della consueta immagine di 500 o del suo mondo, concludo la puntata con una foto di un bel piatto di spaghetti e salame; alimenti che come scritto nel 1966 dal “The Guardian” erano le uniche cose che avrebbe potuto contenere il portabagagli della nostra beniamina.
(Fonte Internet)
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[quote=”Gens Orsina” post=372917]21 aprile 1966 – 9 febbraio 1967
Nel febbraio 1967 invece, il mensile automobilistico francese “L’action Automobile et Touristlque» assegnò alla Fiat 500 la Palma quale vettura ideale nel traffico cittadino e contrariamente a quanto aveva scritto l’anno prima “The Guardian” giudicò il cambio: “molto distensivo”.
“La Stampa” 9 febbraio 1967
“……………….Della «500» è particolarmente apprezzata la versione con cambio semi-automatico, definito «molto distensivo»…”.
(Fonte Internet)
[/quote]
Cambio semiautomatico la 500? Forse intendevano la 850…………..
5 – 14 gennaio 1967
Penso che l’argomento contenuto nei due articoli che ho trovato sia una vera novità e sicuramente meritano un posto di rilievo nella raccolta di curiosità riferite alla storia della nostra beniamina. Nel 1967 per battere la neve sulle piste da sci, una nota ditta di Ortisei inventò un “apparecchio” chiamato “Gemello Cingolato” che era mosso dal motore della Fiat 500. Ne riferirono entrambi i quotidiani piemontesi in occasione del resoconto di una manifestazione di settore tenutasi al Sestriere.
“La Stampa” 5 gennaio 1967
“…Secondo un calcolo attendibile, in Italia vi sono quasi 800 mila sciatori, che hanno a loro disposizione duecento stazioni invernali. Sono cifre alte, se si tiene conto che nell’immediato dopoguerra lo sci era uno sport riservato a pochi privilegiati, e che i grandi centri della neve si potevano contare sulle dita. La fortuna di questo sport è cresciuta con lo sviluppo delle attrezzature, soprattutto degli impianti di risalita. Un tempo si facevano lunghe passeggiate sugli sci, si affrontavano ripidi e lunghi pendii per il piacere di una breve discesa. Oggi chi oserebbe proporre una gita sulla neve in un centro sprovvisto di funivie o skilift? Oltre a questa necessità fondamentale, 1 centri invernali ne hanno altre: ad esempio, una buona attrezzatura alberghiera e, da quando l’automobile è diventata la compagna inseparabile dello sciatore, strade sgombre dalla neve in ogni stagione. I problemi delle stazioni in vernali, alle quali l’industria offre mezzi sempre più. razionali, saranno discussi al Sestriere dal 12 al 14 gennaio, in un convegno organizzato dal Centro italiano viabilità invernale. Trenta Case di otto Paesi presenteranno 80 mezzi ed attrezzature; duecento tecnici si sono già iscritti per discutere i problemi inerenti i centri alpini. Due novità ci sembrano da segnalare: le macchine per fabbricare la neve e lo skilift portatile. Gli inverni con poca neve, come l’attuale, sono disastrosi per i paesi di montagna più bassi, dove lo strato nevoso diventa fradicio o si liquefa. Ora l’opera della natura è sostituita da una macchina: in poche ore le pendici erbose vengono trasformate in soffici campi di neve, pronti per essere presi d’assalto dagli sciatori. Lo skilift portatile libera lo sciatore dalla noia delle lunghe code e dalla necessità di sciare soltanto dove ci sono impianti di risalita pubblici. Una comitiva di amici può raggiungere distese «vergini», lontane dalla folla, ed impiantare il proprio skilift. L’apparecchio è rapido da montare e si trasporta con facilità. Se in passato si insisteva sugli sgombraneve (presenti del resto anche quest’anno al Sestriere, magari nella versione «mini»), oggi si punta soprattutto sui batti-pista. Ogni sciatore sa che cosa vuol dire una pista «battuta» a regola d’arte, mentre le aziende di turismo sanno quanto costa per impiego di uomini e tempo. A volte una nevicata abbondante il sabato mette in pericolo la possibilità di sciare la domenica. Al Sestriere sarà presentato un apparecchio che può battere 34 mila metri quadrati di pista in un’ora. Per farlo funzionare, basta un sol uomo. Il batti-pista ha un comune motore di utilitaria, precisamente quello della Fiat 500. Un altro tipo di battipista può spianare una striscia larga metri 3,60, superando pendenze del 25 per cento, e lavorando in un’ora quasi 30 mila metri quadrati di terreno. Nel settore degli sgombraneve, la novità è costituita dalle piccole dimensioni, abbinate alla potenza del motore. Un modello di modesta grandezza è in grado di sgomberare 1800 metri cubi di neve all’ora; ad ogni «passata» lascia dietro di sé la strada pulita per una larghezza di un metro e venti. Neve e frammenti di ghiaccio vengono lanciati con una turbina fino a 15 metri di distanza. Per i trasporti su neve, alcune motoslitte costruite in Canada. Come gli analoghi modelli già visti in passato, anche quelli canadesi si inerpicano con facilità su ripidi pendii; il loro pregio è poter viaggiare a più di 50 chilometri all’ora in pianura. Munite di motore di 360 cc. queste macchine possono trasportare due persone e 30 chili di merce…”
[i]“La Stampa” 14 gennaio 1967
“… Spettacolo di alta acrobazia oggi sulle nevi del Sestriere. Protagoniste le macchine (e i piloti, naturalmente). Battipista e veicoli da trasporto su neve si sono lanciati l’uno dopo l’altro, al via dello starter, all’assalto della, ripida montagnola, alta circa duecento metri, che sorge dietro la stazione della funivia del Fraitève. Ogni pilota, in un fantastico carosello, ha dato la migliore dimostrazione delle qualità della macchina, arrancando in velocità, compiendo curve a slalom e dietro-front improvvisi, davanti ad una platea d’un migliaio di spettatori. Le macchine più potenti hanno assalito la montagna in linea retta, per la massima pendenza, altre hanno dovuto sostare, indietreggiare, imboccare una variante meno ripida. Eccezionale è stata l’esibizione della Prinoth di Ortisei con i suoi «Gemelli cingolati» con motore «Fiat 500», che hanno dato prova di estrema maneggevolezza: sono in grado di battere 34 mila metri quadrati dì neve all’ora. Buona prova ha fornito anche la Casa svizzera Schleuniger con l suol Ratrac-S, e interessanti le prove fornite dai mezzi più leggeri, delle Case francesi Montaz-Mautino e Motostandard; dal rullo dotato di motore «Fiat 500», guidato da uno sciatore, della Fresia e dall’attrezzo a rullo della Tecnosci. Ottima la prova del «TracMaster», presentato dalla Stegagno: il batti-pista. di costruzione svedese, è dotato di un motore «Volkswagen» da 53 cavalli e traccia una pista larga m. 2,60 ad una velocità massima di ventiquattro chilometri l’ora. Un vivo successo è stato ottenuto dalle motoslitte, gli «Snow Cruiser», simili a fiammanti auto utilitarie a due posti, munite però di pattini e cingoli rotanti, che viaggiano in piano fino a 56 chilometri orari e superano pendenza elevatissime. Provengono dal Canada, dove se ne fabbricano mille al giorno. La giornata si era aperta al mattino con il Convegno nazionale delle stazioni invernali. Dopo un saluto, portato dal vice-sindaco, comm. Vincenzo Possetto, a nome del sindaco, ing. Giovanni Nasi, ha parlato il presidente dell’Azienda autonoma del Sestriere, prof. Carlo Bertolotti. che è pure direttore del Centro italiano dl viabilità invernale, l’ente che ha indetto il convegno. Egli ha rilevato che la manifestazione risponde alle crescenti esigenze degli sciatori. Si chiedono strade, nuove piste, altri mezzi per mantenere sgomberi i piazzali e allestire impianti di risalita. Nel salone gremito di folla erano autorità, tecnici e rappresentanti, tra cui l’ing. Cavalli, capo Compartimento dell’Anas di Torino, il sen. De Unterrichter, delegato dell’Automobile Club, il gen. Patrassi, della Guardia di Finanza, il generale Favre degli Alpini, gli ingegneri Bottaro e Bezzi dell’Ispettorato della Motorizzazione, i presidenti delle Aziende autonome o direttori sportivi di Cortina d’Ampezzo, St. Moritz, Cervinia, Courmayeur, Claviere, i delegati del Touring Club d’Italia, ing. Dubini. e del Touring di Francia, Poullain. il presidente dell’Ente provinciale per il turismo di Torino, prof. Vernetti, ha comunicato che nel 1966, secondo dati provvisori, le presenze alberghiere nella provincia sono aumentate del 7,8 %, per gli italiani, e dell’11,6% per i turisti stranieri. Poi è stato trattato il tema principale: la disciplina delle piste. Ha rotto il ghiaccio il capitano Lamberti, di Cervinia, affermando la necessità dl un codice. Le piste di sci presentano più difficoltà ed imprevisti di una comune strada. Non basta un «decalogo» compilato dalla Fisi: bisogna stabilire norme precise circa i requisiti delle piste, che dovrebbero essere ampie, a più corsie, per smistare gli scia tori abili dai mediocri. Sostiene pure la necessità di una «polizia delle piste. L’argomento appassiona. II maggiore Costanzo Picco, rappresentante della Fisi è d’ accordo con Lamberti su alcuni punti, ma è contrario al rigore di un servizio di polizia. Marcello Paltrinieri, del Sestriere, favorevole alla tesi del maggiore Picco, chiede pure che sia regolamentato l’esproprio o il diritto d’uso dei terreni per tracciare piste. Parla pure il dott. Renato Maniago, di Cortina, sulla necessità di segnalazioni lungo la pista. Nel tardo pomeriggio gli ingegneri Domenico Foglia e Giancarlo Scotto, dell’Anas, presentavano una relazione sui trasporti invernali e sul turismo, con particolare riguardo al Piemonte ed alla Valle d’Aosta. La relazione forniva dati sui movimenti del turismo automobilistico attraverso i valichi alpini e sulla conseguente importanza della viabilità invernale. La manifestazione si concluderà domani mattina con le prove delle catene e dei pneumatici antisdrucciolevoli, degli sgombra-neve, degli impianti di risalita smontabili, delle piste artificiali e degli impianti per la produzione di neve artificiale…”.[/i]
(Fonte Sito Prinoth)
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9 novembre 1967
È in occasione del 49° Salone internazionale dell’automobile, di Torino che venne presentata al pubblico la famosa Ranger dotata di motore Fiat 500, prodotta dalla Ferves di Torino. La società lo pubblicizzò attraverso le pagine dei quotidiani dell’epoca tra i quali “Stampa Sera”.
“Stampa Sera” 9 novembre 1967
Ferves è l’acronimo di Ferrari Veicoli Speciali ma la società non esistente più. Era di proprietà della famiglia di Carlo Ferrari, un imprenditore di Modena. Il modello Ranger veniva costruito a Torino nel piccolo stabilimento di via Mombasiglio, 99 e nei 5 anni di produzione raggiuse un totale di 600 unità.
Riporti integralmente quanto letto in Internet “…Il motore Fiat di 499 cc da 18 Cv era collocato posteriormente e ruote erano di piccolo diametro, con impronta larga come i mezzi agricoli. Sia la variante 4×2 che quella 4×4 avevano il cambio a quattro marce, più un ‘primino’ ridotto e un differenziale posteriore bloccabile manualmente. A differenza di molte carrozzerie speciali dell’epoca, la Ranger utilizzava un proprio telaio in profilati di acciaio (anziché il pianale di serie della 500) ed era molto maneggevole grazie al passo accorciato a 1,33 metri per consentire una incredibile maneggevolezza anche nei sentieri di montagna. La carrozzeria, con una forma ispirata ai veicoli anfibi (ma non a tenuta completamente stagna) era realizzata in pannelli metallici rivettati con parabrezza abbattibile verso l’avanti – come le Jeep e le Land Rover militari – e poteva essere fornita con sovrapprezzo di capote in tela, sorretta da centine smontabili…”.
Come noto, nel 2019 la vettura è assurta agli onori della cronaca per aver toccato in un’asta di RM Sothebys a Monterey – California – durante la settimana di Pebble Beach il livello record di assegnazione di 196mila dollari USA (117.500 euro) che rappresenta una rivalutazione di circa il 650% rispetto al prezzo italiano. Sembra che la cifra sia così tanto lievitata per un errore interpretativo da parte di alcuni che hanno associato l’officina di Carlo Ferrari a quella del più noto e unico Enzo Ferrari.
(Fonte Internet)
Dicembre 1967
Cinque medici di Torino a bordo di tre Ranger intrapresero un viaggio di oltre 5mila chilometri attraversando il deserto del Sahara per raggiungere Monrovia – capitale della Liberia – portando con loro un messaggio che consegnarono al Presidente di quella Repubblica africana a nome del Magnifico Rettore dell’Università di Torino, ateneo che anni prima aveva lì promosso l’apertura della facoltà di Medicina, per molto tempo unica nella fascia equatoriale del “Continente Nero”.
“Stampa Sera” 12 dicembre 1967
Concludo con una foto familiare per il nostro Club che immortala la Socia Signora Marina Tissoni di Noli (SV), accompagnata dal marito Signor Piero Milanesi e dal fratello Marco in occasione della consegna al Museo “Dante Giacosa” di Garlenda del suo Ranger Ferves 4×4 del 1968 tuttora esposto
(Foto del 19 luglio 2013 – Fonte Sito del Fiat 500 Club Italia)
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Agosto – ottobre 1968
Una rassegna di servizi che parlano da soli e che non hanno bisogno di commenti: [b]il tema è la presentazione della Fiat 500 L la cui commercializzazione era prevista per settembre.
Una “sessantottina” controtendenza; nel periodo in cui ci si cominciava a vestire casual ed i jeans seppure a fatica e poco tollerati facevano il loro ingresso ufficiale negli atenei, la 5oo F si agghindava a lusso e la sua nuova livrea veniva accolta da tutti i ceti sociali con grande entusiasmo.[/b]
[i]“La Stampa” 25 agosto 1968
“…Nei prossimi giorni la Fiat presenterà la 500 L, una nuova versione che si affianca, senza sostituirla, alla popolarissima 500, offrendo alla clientela la possibilità di scelta tra due modelli di identiche caratteristiche e prestazioni, ma differenti nelle finiture e anche, in certa qual misura, nell’aspetto esteriore. Sarebbe sembrato impossibile, o comunque molto difficile, trarre qualcosa di meglio dalla più diffusa automobile italiana, prodotta finora in oltre due milioni di unità, e che nel corso della sua lunga carriera (era nata nell’estate del 1957) ha ricevuto una serie di sensibili migliorie tecniche ed estetiche, pur conservando immutata la sua fisionomia generale. Eppure i responsabili dello «stile» di Mirafiori ci sono riusciti egregiamente, e con la 500 L ci troviamo di fronte a una vettura che alle note, collaudatissime e universalmente apprezzate doti di brillantezza nel traffico, solidità, semplicità di manutenzione ed economia di esercizio, unisce adesso un’estetica ancor più gradevole e simpatica, un migliorato confort e un pizzico di praticità in più. Vediamo subito quali sono i ritocchi, le piccole modifiche, i dettagli nuovi che caratterizzano e individuano anche visivamente la 500 L. Esteriormente, nuovi paraurti più funzionali, con elementi aggiuntivi conformati in modo da meglio proteggere la carrozzeria nelle manovre di parcheggio, particolarmente la parte posteriore sui due lati; poi le coppe ruote ridisegnate, il fregio anteriore limitato a un grande marchio Fiat, modanature cromate lungo il gocciolatoio e sulle cornici del parabrezza e del lunotto. Semplici tocchi, se vogliamo, ma il risultato è una rinnovata modernità dell’insieme, qualcosa che fa apparire la vettura ancor più fresca e attraente. Ma anche più sostanziali appaiono le innovazioni negli allestimenti interni, che rasentano la raffinatezza. Anzitutto la plancia portastrumenti, interamente rivestita di materiale protettivo e anti-riflessi scuro, incorporante uno strumento rettangolare con il tachimetro-contachilometri a larga scala, l’indicatore livello benzina e le varie luci spia di controllo. Su questo rinnovato cruscotto si innesta il volante di ispirazione sportiva, nero con due razze elastiche brunite. Sedili più bassi e con schienale a inclinazione regolabile (ne risulta migliorato, più confortevole, anche l’assetto di guida); nuovo tipo di imbottitura e di rivestimento delle poltroncine, del divano posteriore e delle porte (i due posti dietro hanno guadagnato in comodità). Il pavimento e i passaggi ruote anteriori sono rivestiti in moquette. Le maniglie interne di apertura porte conformate a tirante ricurvo – esattamente come sulle berline 124 e 125 – e le manovelle di comando degli alzacristalli di nuovo disegno, completano le migliorie estetiche dell’interno, cui si aggiungono altre utili innovazioni, quali due capaci tasche-contenitori ricavate sulle porte e il vano portaoggetti sistemato sul tunnel, davanti alla leva del cambio. Il prezzo della Fiat 500 L non si discosterà molto da quello noto della 500, confermando i pregi di utilitarietà che sono caratteristica fondamentale di questa vettura, alla quale molte centinaia di migliaia di persone devono il primo incontro con l’automobile (e basterebbe tale requisito a definire l’insostituibile sua funzione), e tanti altri la possibilità di possedere una seconda macchina, ideale per il traffico urbano. Per non parlare della clientela femminile e giovanile, alla quale la piccola Fiat si addice in modo perfetto. Da qualche anno è di moda parlare di automobili da città; alcuni mostrano di credere che il problema possa essere risolto dalla vetturetta elettrica, e qua e là sorgono tentativi di realizzare veicoli di piccolo ingombro per impiego prevalentemente urbano. Ma a parte il fatto che la questione può avere risposta razionale soltanto se affrontata dalla grande industria, cioè con una produzione di larga serie, è difficile pensare a qualcosa di più soddisfacente della 500, che è corta, agile e di facilissima manovrabilità nella caotica circolazione cittadina, si parcheggia agevolmente negli spazi più limitati, d’inverno sopporta tranquillamente le più basse temperature notturne senza poi «mancare» un avviamento. E che trasporta quattro persone. Talvolta un eccesso di immaginazione induce a complicare i problemi quando la soluzione è da tempo davanti agli occhi. Ferruccio Bernabò…”.[/i]
[i]“La Stampa” 3 settembre 1968
“…Molto interesse ha suscitato l’annuncio della imminente presentazione (metà settembre) della nuova versione 500 L da parte della Fiat. Dalle descrizioni e fotografie finora pubblicate sulla stampa nazionale ed estera si è avuta la chiara impressione del profondo rinnovamento delle finizioni interne, a vantaggio della praticità e del confort di marcia della vettura: sedili anteriori dotati di schienale reclinabile, volante di nuovo disegno, cruscotto completamente rivestito di materiale antiriflesso con quadro portastrumenti rettangolare e più dotato di apparecchi, selleria di nuovo tipo, cassetto portaoggetti sul tunnel, borse portacarte sui pannelli interni, tappeti del pavimento in bouclé, maniglie delle porte di forma elegante e razionale. Anche i ritocchi esterni hanno del resto contribuito a rinfrescare la 500, che nella versione «L» si presenta con protezioni tubolari ai paraurti anteriori e posteriori, particolarmente utili per le manovre di parcheggio, con nuove coppe ruote e con modanature cromate sui gocciolatoi, sulle cornici del parabrezza e del lunotto. Da segnalare infine l’adozione di pneumatici a struttura radiale, di cui sono note le doti di scorrevolezza e aderenza. Rispetto alla 500 normale (che rimane regolarmente in produzione), la 500 L costerà 50.000 lire in più…”.[/i]
[i]“La Stampa” 2 ottobre 1968
“…Fra le Case straniere, particolare attenzione susciterà la Fiat, che ha portato a Parigi l’intera gamma dei suoi modelli, arricchita dalla nuova «500 L». Già la tradizionale 500 ha sempre avuto molto successo in Francia, specie presso i parigini, alle prese con un traffico che diventa di giorno in giorno più caotico. La «L» promette di ottenere gli stessi risultati. Le vetture della Casa torinese, in testa fra le marche estere sul mercato francese, sono molto apprezzate dagli automobilisti francesi, perché alle loro doti si accompagna un’organizzazione di vendita e di assistenza efficiente e minuziosa. Per esempio, il centro di distribuzione di Corbas (Lione) copre ormai una superficie di 375 mila metri quadrati e può ospitare circa 20 mila macchine…”.[/i]
(Fonte Internet)
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[b]5 novembre 1969
PRIMA PARTE[/b]
Siamo arrivati al 51° Salone internazionale dell’automobile di Torino e il quotidiano piemontese si sofferma su alcuni modelli “Fuori Serie” derivati dalla Fiat 500 esposti nell’occasione.
Dopo la riproduzione integrale dell’articolo segue una galleria di immagini di ciascun autoveicolo di cui si parla.
[i]“La Stampa” 5 novembre 1969
“… La Fiat 500 ha più dì dodici anni di vita, circola in più di tre milioni di esemplari, continua ad essere l’automobile più economica del mondo; si propongono senza posa vetture da città, ma l’unica vera auto da città (e non solo da città) è la 500. Data la sua destinazione strettamente utilitaristica, sembrerebbe superfluo tentarne interpretazioni speciali, fuoriserie. Eppure la piccola Fiat ha avuto fortuna anche in questo campo: ricordiamo la «Gamine» di Vignale, l’«Albarella» di Savio e la più recente «Zanzara» di Zagato («L’ho costruita quasi per gioco, ha avuto un successo di prenotazioni incredibile» dice il carrozziere milanese). Ed ecco che al Salone di quest’anno la 500 si ripropone in nuove fuoriserie, con le realizzazioni di Caprera, di Giannini e di Fissore. Il «Lem» di Caprera è un coupé sportivo in plastica, con cofano anteriore deportante e fari a scomparsa totale; la fiancata è alleggerita da falsi longheroni forati. Anche il romano Giannini ha scelto il tema sportivo con un coupé (meccanica elaborata da lui stesso, con motore maggiorato a 650 cmc. e impianto di iniezione brevettato) con padiglione in plastica e frontale a doppi proiettori quadrati protetti da superfici in plexiglas. La carrozzeria è del modenese Drogo. Infine la «Mongo» progettata dal designer Aldo Sessano e Paolo Vian, carrozzata da Fissore, accessoriata da Fusina e con motore di 650 cmc. elaborato da Nardi. È un coupé a due posti di aspetto formale intenzionalmente spogliato da inutili elementi decorativi; la coda è tronca, la linea di cintura ha un andamento rialzato verso la coda tronca. Un disegno molto puro, una delle più valide proposte stilistiche di quest’anno. Sarebbe piaciuta a Pio Manzù…”.[/i]
Gamine di Vignale (Fonte Internet)
Albarella di Savio (Fonte Internet)
Zanzara di Zagato (Fonte Internet)
FINE PRIMA PARTE
[b]5 novembre 1969
SECONDA PARTE[/b]
Lem di Caprera (Fonte Internet)
Giannini Sports Cars 650 – Vetturetta sportiva realizzata in esemplare unico. Il progetto è dell’Ing. Adolfo Melchionda mentre la carrozzeria è dovuta alla Sports Cars di Piero Drogo. Le basi telaistica e meccanica sono quelle della Giannini 650 NP, il pianale della Fiat 500 è stato irrigidito con scatolature e tubolari. Il motore di 652 cc. e 35 CV DIN a 6000 giri/min le permetteva di raggiungere una velocità massima di 135 Km/h. (Per gentile concessione della Famiglia Giraldi. Ringrazio Marco e Maurizio)
«Mongo» progettata dal designer Aldo Sessano e Paolo Vian, carrozzata da Fissore, accessoriata da Fusina e con motore di 650 cmc. elaborato da Nardi (Fonte Internet)
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